
- Giovedì 10 Novembre 2011 - Ore: 11.00 - Università La Sapienza: Facoltà di Lettere
- Lectio Magistralis “Rosa fresca e aulentissima”
Dario
Fo ha un volto roseo e lucente, porta una giacca marrone, una camicia di un
azzurro chiaro e un foulard a pois. Un applauso caloroso lo
accoglie, tutti aggiustano il sorriso migliore. Deciderà lui, parlerà di
quello che vuole. Per prima cosa chiede di ringraziare la moglia
Franca, seduta alla sua sinistra, che ha raccolto in un archivio tutti i
suoi documenti, arrivati ormai a più di due milioni. Ma all'improvviso si manifestano
problemi: il microfono da tavolo non vuole saperne. Non sa se sia meglio
usare il gelato e noi studenti (che conosciamo il problema di quella
maledetta aula) lo preghiamo di usare quest'ultimo. Inizia a parlare di Giotto e arriva presto a un personaggio che
definisce straordinario: Pietro Cavallini. Un incendio del
milleottocentoventitre distrusse quasi completamente la cattedrale di
San Paolo fuori le mura e così otto anni dei suoi affreschi sono andati
perduti. Cavallini aveva ben più di cinquant'anni quando Giotto ne aveva
diciotto, e visse per un intero secolo. Ma venne in futuro declassato
dal Vasari a discepolo di Giotto e, per cinquecento anni, il pregiudizio
proseguì implacabile. Fo dà degli "imbecilli" ai cardinali e ai vescovi che
non hanno minimamente considerato il pittore, praticamente sconosciuto a Roma. "Chi è
andato a vedere questo pittore? Io e te!" scherza, rivolgendosi a una professoressa di
Storia dell'Arte e Spettacolo. Parlandoci di architettura si arena un
attimo sui greci:
"I greci usavano quelle macchine.. come si chiamano Franca?"
"Macchine?"
"Macchine l'ho detto io!"
Da qualcuno arriva il suggerimento "Ah! le gru". Ci parla della Pace di Aristofane, esilarante
commedia che tratta di un vignaiolo dell'Attica, che cavalca uno
scarabeo stercorario per arrivare sull'Olimpo. Attratto specialmente
dall'odore dei politici, in una delle scene, lo stercorario affamato si lancia dritto in
picchiata e il vignaiolo dice a tutti "Attenti, che questo quando vede merda
scende subito!". A un certo punto una delle professoresse prende la parola ricordando le
difficoltà passate per consegnare al maestro la Laurea Honoris Causa:
"Alla fine gli hanno dato il nobel per la letteratura, come si faceva a
non dargli quello!". Una ragazza vuole poi rivolgergli una
domanda e presentandosi dice di venire da Pechino e di essere interessata alla "Storia
della tigre"... Proprio in
quel momento, il microfono
terrorista sul tavolo, manda inquietanti suoni. Ma il signor Fo non si scompone e riprende subito in mano l'altro, narrando la storia: è la divertente e drammatica
vicenda di un soldato cinese che, rimasto ferito durante la Lunga
Marcia, scampa ad una morte per annegamento e trova rifugio in una
caverna, abitata però da una tigre con prole... Il partito comunista cinese
elogierà quel che farà la tigre in seguito, ma vuole tenerla nascosta agli
stranieri. Così la tigre si ribella allo stesso potere e da schiava
diventa libera. "Fatto in Italia non è il meglio discorso che si può
fare". E la ragazza: "Grazie della risposta, anche se non mi ha
fatto finire...”.
"Dovremmo metterci in contatto col tuo paese.
Metteresti una buona parola per acquistare i nostri bond che sono
meravigliosi?". E così passa la parola alla moglie che, dietro gli occhiali da sole, timidamente dice di essere emozionata a stare qui. L'ultimo a prendere la parola sarò un
rappresentante degli occupanti del Teatro Valle: "Vogliamo trasformare
il Valle in un bene comune, era il momento di fare gesti forti. L'Italia
si deve ricostruire dal basso". Mercoledì scorso il signor Fo è andato
infatti a sostegno della causa del Valle occupato, per commentare la
situazione politica attuale e l'annuncio delle dimissioni di Silvio
Berlusconi dopo l'approvazione della legge di stabilità: "Una trappola,
anzi un trappolone per annientare la sinistra e convincere tutti che si
ha ancora bisogno di lui. È davvero un abile mostro, questo Berlusconi.
Ma io – conclude – mi fido di Napolitano".